giovedì 22 febbraio 2018

PEPPINA LA LAMPADINA



C'era una volta una lampadina da 40 watt. Si chiamava Peppina ed era attaccata al soffitto nel centro di una cantina. Da tanti anni svolgeva il suo lavoro con serietà e competenza, illuminando, quelle poche volte in cui veniva accesa, l'angusto locale. Era lì da sempre, da quando era uscita un giorno dal negozio di ferramenta, dentro la grande borsa a tracolla di una strana ragazza magra, con i capelli lunghi e lisci.

Peppina non conosceva il mondo di fuori, se non attraverso i racconti degli oggetti che ogni tanto finivano laggiù.

Ramona la poltrona, per esempio, sospirava ogni mezz'ora, rievocando i bei momenti in cui un essere chiamato nonno stava seduto su di lei e leggeva delle cose molto gradevoli chiamate favole a due piccoli esseri rumorosi chiamati bambini.

Ernesto il cesto di vimini raccontava che Federica, la ragazza magra coi capelli lunghi e lisci, una volta gli aveva messo un cuscinetto imbottito all'interno e per un bel po' di tempo era diventato la cuccia di Zorro, il gatto nero. «Ah! – sospirava Ernesto – uno dei periodi più belli della mia vita».

Tutti avevano avuto una vita avventurosa nel mondo di fuori, tranne Peppina: lei aveva conosciuto solo la cantina. Però non si lamentava: negli anni aveva visto anche tanti oggetti andare via da lì, ammassati dentro anonimi scatoloni di cartone, senza una spiegazione, disorientati, spaventati. Nessuno sapeva che fine avrebbero fatto, ma si vociferava che quella, per loro, sarebbe stata proprio... la fine!

Un giorno di primavera la porta della cantina si aprì: era Federica, la ragazza magra coi capelli lunghi e lisci. Contrariamente al solito, invece di pigiare l'interruttore della luce, accese una torcia. Salì sulla scala, si avvicinò a Peppina e la svitò. «Ti sostituisco con una lampadina a basso consumo, amica mia». “Grazie per avermelo detto – pensò Peppina – ma ora cosa farò? Finirò dentro un anonimo scatolone? Che ne sarà di me?”.
 Triste e impaurita, forse ormai rassegnata a chissà quale brutta fine, si ritrovò, come tanto tempo prima, dentro la borsa a tracolla della ragazza, al buio, in mezzo a un pacchetto di fazzoletti di carta, una forbice, un portafogli, una borsetta per il trucco, un rotolino di nastro, un golfino piegato, un astuccio, un'agenda e un telefonino.

Presto Peppina finì su un tavolo di legno, in una stanza piena di sole. Il sole: ne aveva sentito parlare. Era davvero la lampada più potente, più grande, più luminosa del mondo. Che luce! E che piacevole calore!

«Peppina! Anche tu qui! Che bella sorpresa!» era Ernesto, il cesto. Sembrava diverso da solito, più bello: pieno di nastri colorati, pezzi di stoffa, scatole di perline, boccette di colori.

A un certo punto Federica afferrò delicatamente la lampadina per la base: «Amica mia, ora ti cambierò completamente il look, spero ti piaccia». A Peppina intanto piaceva questo fatto che la ragazza le diceva sempre prima cosa stava per fare. In quanto a questo nuk, buk, luk... boh, chissà cosa voleva dire. Poi, «ihihih, uhuhuh, ahahah», fu tutto un ridere con quei pennelli che le facevano il solletico avanti e indietro per la liscia superficie. Federica la guardava e sorrideva soddisfatta: «Davvero un bel lavoro, sono stata brava, sì sì».
«Ho sentito dire che si chiama riciclo creativo», sussurrò a un certo punto Ernesto.

Un improvviso colpo di vento fece aprire il vetro della finestra e per un attimo Peppina vide la sua immagine riflessa: sembrava una signorina come Federica, ma con i capelli corti e un bel ciuffo sulla fronte, il rossetto sulla bocca a forma di cuore e un piccolo foulard intorno al collo.
Insomma, la ragazza si divertiva a dipingere le faccette sulle lampadine usate. Era brava, ne aveva collezionate un bel po'.
Così Peppina venne collocata nella camera di Federica, su un comò, davanti a una lampadina tonda biondina e vicino a un bel tipo coi baffetti.
«Piacere, Gino lampadino».
«Piacere, Peppina».
Lui si accese subito di entusiasmo: «Sei bellissima».

Questa è la storia di una lampadina da 40 watt di nome Peppina, che per tanti anni era stata appesa al soffitto di una cantina. E quando sembrò che tutto per lei stesse per finire, Peppina non si spense, ma si riempì d'amore e divenne più bella e più splendente di prima.

(Disegni di Massimo Boresti)


giovedì 15 febbraio 2018

GIOCARE CON LE IMPROVVISAZIONI

Tra i vari esercizi che si possono adottare durante i laboratori teatrali, l'improvvisazione è uno dei più efficaci e divertenti. 
Si tratta di assegnare ai partecipanti dei personaggi da interpretare, o situazioni da sviluppare, oppure un canovaccio, e lasciarli liberi di procedere spontaneamente inventando storie e azioni sul tema dato. Senza, quindi, seguire un copione.

L'improvvisazione può essere singola, oppure con due o più attori, oppure coinvolgendo tutto il gruppo contemporaneamente (e quest'ultimo caso si presta molto bene per un laboratorio teatrale nella scuola con bambini e ragazzi).
 
A cosa serve l'improvvisazione teatrale?

Per i bambini e i ragazzi è un ottimo strumento di crescita, di sviluppo e rafforzamento della personalità.
Proprio perché le azioni e le reazioni sono spontanee, viene facilmente evidenziato il carattere di ognuno. Se c'è per esempio da guadare un fiume, il ragazzo più riflessivo e timoroso ci metterà un bel po' prima di avventurarsi fino all'altra sponda; quello prudente piano piano cercherà di capire la profondità dell'acqua e la solidità dei sassi sui cui poggiare i piedi, ma poi arriverà dall'altra parte; quello più sbrigativo non si farà molti problemi e passerà velocemente.
Sarà interessante per il coordinatore scoprire tutti questi aspetti, e lo sarà altrettanto per i partecipanti, che impareranno così a conoscere meglio se stessi, potranno acquisire fiducia, sicurezza, capacità di comunicare e a interagire con gli altri.
L'improvvisazione può prevedere sia parola che azione, ma anche solo azioni, senza parlare, usando solo il corpo e il movimento.
 
Le situazioni da lanciare possono essere le più disparate: dal gruppo di amici rimasti chiusi in un rifugio durante una tempesta di neve, a quelli bloccati in un ascensore... oppure: attraversare un ponte pericolante o, se si tratta di bambini piccoli, ambientazioni più semplici, quotidiane e guidate via via dall'insegnante, in modo che abbiano in continuazione degli input per proseguire quello che, come sempre ribadisco, specie per i bambini, dev'essere un bellissimo GIOCO. 



Pandemia: se lo spettacolo dal vivo non si può fare

«È stato molto bello ed alternativo realizzare a distanza la recita di fine anno. Con questa esperienza ho imparato molte cose, “non bisogna...