martedì 26 dicembre 2017

5 ERRORI COMUNI DI SCRITTURA TEATRALE

Mi capita molto spesso, per via del mio lavoro, di leggere proposte teatrali dalle più svariate provenienze.
Quando si tratta autori esperti, di professionisti, si vede subito perché l'impianto di solito funziona in tutte le sue parti: struttura, trama, dinamiche, ritmi, linguaggio e così via. Poi si può trovare più o meno convincente la storia, l'idea: ma la scrittura il più delle volte funziona.
 

Nelle proposte di autori non esperti, invece, che si cimentano per le prime volte o che lo fanno con un approccio un po' improvvisato, il meccanismo generale presenta spesso diversi intoppi. E con una certa frequenza si trovano degli errori ricorrenti. Ve ne racconto cinque.

1. Il linguaggio inadatto. Il copione è fatto di dialoghi, e i dialoghi non sono fatti per essere letti, ma per essere detti, parlati. Non può essere la lingua letteraria. Non può essere l'italiano scolastico (a meno che il personaggio non abbia questa specifica particolarità). Far parlare il personaggio senza pensare a come parlerebbe realmente, se esistesse, rende un testo teatrale non credibile. Si parla in maniera ottocentesca se lo spettacolo è ambientato nell'ottocento. Altrimenti no.

2. La mancanza di sviluppo di una storia. Magari si parte da un'idea interessante, ma dato che non è facile trovare la svolta per arrivare al finale, ci si arriva senza la giusta idea, spesso senza idea. In modo forzato. Superficiale, veloce. Un falso finale. E quindi non convincente.

3. Non considerare le azioni. Il teatro non è solo parola, dialoghi. È qualcosa che succede. Accadono cose, ci si muove, ci sono appunto le azioni. E vanno considerate anche in fase di scrittura.
 

4. Uno stile didascalico (cioè da maestrina, quando si vuole insegnare qualcosa e questo è palese), insieme alla presenza di tirate moralistiche, retoriche. Questo succede spessissimo nei testi per bambini o di altri lavori a indirizzo educativo.

5. La fastidiosa esplicitazione di quello che lo spettacolo vuole dire. Se – come elemento necessario, non per ribadire un concetto già chiaro – si sente l'esigenza di mettere in bocca ai personaggi la spiegazione di quella storia, il significato, il messaggio... vuol dire che quella storia non è scritta bene. 



N.B. Quando rileggo i miei testi, specie quelli di tanti tanti anni fa, specie quelli commissionati (dove mi veniva richiesto di scrivere qualcosa che io non avrei mai scritto), trovo sempre qualcosa che non va. E su tutti i miei copioni e racconti, anche quelli recenti, rileggendoli dopo un po' di tempo, penso: mannaggia, qui potevo scrivere così invece di cosà... Insomma, ci sono sempre ulteriori margini di miglioramento.



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